Lavoro e professione

Diario di un medico di “campagna”

di Fiorenzo Corti (responsabile comunicazione Fimmg nazionale )

S
24Esclusivo per Sanità24

Quando mi definisco un medico di campagna gli amici e i colleghi, sorridendo, mi guardano con simpatia e con una chiara espressione del viso: vallo a raccontare a qualcun altro. Eppure è così. Mi sono laureato alla fine degli anni ’70 e nel febbraio dell’81, congedato dal servizio militare e, dopo un anno di guardia medica, eccomi con la convenzione a Masate, piccolo borgo di 1.800 anime nella campagna della provincia milanese, appartenente a una vecchia “condotta” con altri 4 piccoli Comuni.

Affitto lo studio e comincio a lavorare.
Le visite domiciliari: molta gente qui ancora non ha il telefono, la richiesta di visita domiciliare avviene imbucando il “libretto della mutua” in una cassetta delle lettere in piazza: è davanti a questa cassetta che si dà inizio tutte le mattine al “giro delle domiciliari”.
Il pediatra di famiglia non è ancora arrivato in paese, c’è solo il consultorio un paio di volte al mese e, per ogni bambino con un po’ di febbre, la richiesta di visita domiciliare è garantita.
Anche gli anziani per un disturbo anche minimo ti chiamano a casa, perché è lì che si celebra il rituale della visita medica.
La mano che trema all’apertura dello sportello, e il pensiero «chissà quante saranno oggi», visto che nel periodo influenzale si facevano fino a 20 visite domiciliari al giorno.
Dal medico in studio (in “ imbulanza” come si diceva allora) si va solamente per le ricette, per i giorni di malattia e per gli esami, naturalmente l’accesso non è su prenotazione e già un’ora prima dell'apertura una decina di pazienti bivaccano in strada davanti allo studio, “per essere i primi”, i primi di 30-40.

Decisamente diverso dall'ospedale. Come fare con l'anamnesi, l'esame obiettivo, la cartella clinica? Lavorare da solo, tutti i giorni. E così nasce la voglia di cambiare le cose e di confrontarsi con i colleghi della zona (i giovani medici di 30 anni fa, oggi ormai ultrasessantenni): si parla di cartella clinica orientata per problemi, nulla a che vedere con quella ospedaliera, di una professione con una sua peculiare identità, di un mestiere che non è vero che sono capaci tutti di farlo, che ha bisogno non solo di un continuo aggiornamento, ma di una formazione specifica che si fa sul campo, fuori dalle aule universitarie e dalle corsie degli ospedali.
Ed eccolo che arriva a metà degli anni ’80: sua maestà il computer. Con la scheda sanitaria informatizzata. Sarà più facile registrare i dati e averli a disposizione in modo ordinato, non dovrai più chiedere ai pazienti quando hanno fatto gli esami l'ultima volta.
Quando entrano dalla sala d'attesa ti senti osservato con un mix di scetticismo e di curiosità: «adesso farà tutto quell'apparecchio lì, non le scriverà più le ricette?». Dopo il computer arriva la segretaria, la cassetta delle lettere sparisce dalla piazza, tutti ormai hanno il telefono, parte delle visite ambulatoriali va su appuntamento: qualche mugugno all’inizio, ma poi la gente che viene si abitua e approva, le due ore di coda sono un ricordo, senza il caos in sala d'attesa il clima è più rilassato e la consultazione più confortevole.

E siamo alla fine degli anni ’90, ormai anche a Masate è arrivata la pediatra, lo studio si popola di altri due colleghi e di un’infermiera, si avvia la “medicina di gruppo” grazie a una prima esperienza di cooperativa.
Adesso siamo in cinque.
Per le informazioni, la ripetizione di ricette, le medicazioni , l'inoculo del vaccino nel corso delle campagne anti influenzali i pazienti possono rivolgersi al personale di studio. È ormai pienamente in funzione l'assistenza domiciliare programmata (non ti trovi più con le dieci domiciliari il lunedì mattina) e l’Adi, l’età dei pazienti aumenta, aumenta anche il numero degli accessi in studio: una media di 50 al giorno con picchi di 80 nei periodi di epidemia influenzale, gli ospedali dimettono prima, la gente vive più a lungo ma si ammala di più; diabete, ipertensione, rischio cardiovascolare, artrosi e BPCO. È emergenza cronicità.
Comincia con l’Asl la gestione completa dei pazienti in trattamento anticoagulante orale.
Aperti la mattina, il pomeriggio, il sabato mattina, aumentano i servizi, aumenta il lavoro, aumenta l'offerta e si impenna la domanda, sempre più gente e sempre più insoddisfatta, qualche riflessione sull'accesso improprio allo studio medico.
Il computer è ormai collegato alla rete sanitaria regionale, il certificato di malattia è on line, si lavora connessi.
Arrivano le campagne di prevenzione, arrivano i Creg, la telemedicina, il counselling e l'empowerment del paziente; domani, forse, le Aft e le Uccp.
Stanco alla fine settimana ma soddisfatto, con la passione di chi fa un mestiere che, se proprio non gli piace tanto, è meglio che lo smetta subito.
Stanca lavorare con la gente, stanca ascoltarla, consigliarla, visitarla, consolarla e a volte mandarla a quel paese, ma se riesci ad essere autorevole, se sei riconosciuto come un punto di riferimento importante per la comunità in cui vivi, vuol dire che hai fatto la cosa giusta.
E la sera, quando si va a letto, è un piacere addormentarsi con serenità.


© RIPRODUZIONE RISERVATA